Il professor Ferrarotti, illustre professore di Sociologia, affermava che se volevamo, noi studenti della Sapienza,sapere esattamente cosa fosse la Sociologia dovevamo studiarla. Similmente potrei dire, parafrasandolo, che se volete sapere, amici lettori, cos’è il triathlon non vi resta che praticarlo. Non vi ha soddisfatto la risposta? Allora per gli internauti (si dice così?) di Ostiasport cercherò di spiegarmi meglio.

 

 

Innanzi tutto permettetemi che mi presenti: Massimo Mannocci, classe 1946, il più anziano (di servizio s’intende) triathleta  italiano. Ho praticato questo sport fin dalla prima gara ufficiale con la formula che si sarebbe evoluta in quella denominata oggi “olimpica”, vale a dire 1500 metri a nuoto, 40 Km in bicicletta, 10 di podismo. Era il 16 settembre 1984. Eravamo più di 100 concorrenti, c’era perfino Daniele Masala, reduce dalla vittoria olimpica,specialità pentathlon moderno e molti praticanti di varia estrazione sportiva: nuotatori ma non ciclisti; ciclisti-podisti ma non nuotatori; ecc. Era una giornata ventosa, con il mare mosso. Molti atleti finirono tra gli scogli delle barriere; altri tagliarono bellamente, ecc; ma il primo triathlon ufficiale si concluse degnamente alla fine delle tre prove: era cominciata l’avventura del triathlon. Uscirono trafiletti sui giornali sportivi; ci chiamarono “supereroi”; esaltati, in cerca di prove estreme, ecc. Nulla di tutto questo. In realtà se volete sapere proprio quello che penso, il triathlon è tutt’altro che uno sport per “estremisti”. Quando conobbi mia moglie (avevo già 43 anni) ella restò colpita, vedendomi in azione e conoscendo poi i miei colleghi: tutte persone  dalla grande tranquillità, semplicità, passione,ecc.: ai suoi occhi si presentavamo come dei comuni casalinghi, tutti fidanzati o sposati, impiegati nei modi più diversi, rispettosi degli avversari e più in generale del genere umano. Intendiamoci, ognuno di noi ha pregi e difetti come tutti; ma sicuramente il triathleta è un tipo molto equilibrato, ne va della sua sicurezza e di quella degli altri.



Detto questo, e non è nulla rispetto a quello che vorrei dirvi, ma avrò spero altre occasioni, voglio accennarvi a come nasce questo sport, alle isole Hawaii, credo nel 1977.Tre sportivi- tra cui un capitano di corvetta (certo Collins)- rispettivamente un nuotatore, un ciclista e un podista, discutevano animatamente su chi fosse il più forte tra loro. Non si poteva certo dimostrare se non in un modo. Si sarebbero fatte tutte e tre le prove; chi avesse vinto passando da una disciplina all’altra senza soluzione di continuità, cioè con i gap dovuti al cambiamento di divisa o di scarpe, ecc., sarebbe stato senz’altro l’atleta più bravo in quanto avrebbe dimostrato di sapersela cavare bene mediamente anche negli sport che praticava di meno, oltre al suo. Vinse un certo Gordon Haller:era nato il triathlon.Le distanze sono note: 4 Km a nuoto, 180 in bicicletta, 42,195 metri di podismo! A questa prova fu data poi il nome di Ironmen, uomo di acciaio; e tutt’ora costituisce la specialità più lunga del triathlon, codificata ufficialmente. Oltre a quello delle Hawaii ci sono altri triathlon famosi, come quello di Nizza, abituale sede di un campionato del mondo su distanze appena inferiori all’ironmen. Io credo di essere uno dei pochi, se non l’unico ad averlo terminato per ben cinque volte, precisamente dall’85 all’89. E’ una gara affascinante. 4 Km di nuoto, più di 120 di bicicletta (con scalate lunghe e impegnative), 32 di podismo. Chi ha l’onore di parlarvi ha disputato più di 100 gare tra triathlon sprint (750metri di nuoto, 20 di bici, 5 di podismo), duathlon (podismo, bicicletta, podismo), olimpici, medi; e tutte le volte cercavo una risposta alla domanda: perché lo faccio? Perché mi sveglio alle 4 e 40 tutte le sante mattine per farmi un paio di ore di corsa prima di andare a scuola, dove lavoro? Perché ho affrontato per ben tre volte una operazione ai tendini di Achille per poter continuare a correre? Perché quando leggo di San Francesco, patrono d’Italia e che è anche il mio santo preferito insieme a Padre Pio, mi viene in mente il Canto di Frate Sole, opera unica della letteratura italiana, e mi colpisce la sua grande semplicità e frugalità? Sarà forse perché l’umiltà fa ormai parte della mia persona e così il gusto delle cose vere, essenziali? Chissà! Forse saranno proprio loro, i miei santi, a ispirarmi oltre che a proteggermi,anche se non lo merito. La realtà è questa: ciascuno di noi quando fa una cosa per più di una volta e ci prova piacere, che dico, soddisfazione, risolve insomma, deve fare certe riflessioni di tipo esistenziale, se non vuole vivere come un bruto ma seguire virtù e conoscenza.

Ma per oggi basta, vi ho sconcertato abbastanza. Il seguito alla prossima puntata sempre qui, su www.ostiasport.it.

Vi abbraccio tutti ignoti fratelli e sorelle,futuri (spero) triathleti