Libri Amazon

Attenzione Sconti !!

RSS

Editoriali Editoriali Medicina Medicina Prep.Atletica Prep.Atletica Racconti di Sport Racconti di Sport Regolamenti Regolamenti Ultime Notizie Ultime Notizie

Ecco un nuovo racconto tratto dalla raccolta "Vita Da Master" di Massimo Mannocci.

Gustiamoci le avventure metropolitane di un atleta master nelle sue peregrinazioni lungo la penisola italiana

Avevo appena terminato i miei 400 s. l. nella piscina comunale di Bari dove si stavano svolgendo i Campionati italiani master di nuoto. Ero arrivato quarto. Migliore il piazzamento del giorno precedente, secondo sugli 800; non mi restavano che i duecento dorso il giorno dopo, dovevo quindi cominciare ad organizzarmi per il rientro a casa.

Uscito dallo stadio comunale mi avviai verso il "7 Mari", l'hotel dove la maggior parte di noi alloggiava a circa 500 metri dalla piscina. Attraversato il vialone proprio di fronte incontro Alvaro, meglio noto come "Arvaro" dato il suo (il nostro) spiccato accento romanesco. Egli è occupato a decifrare la tabella alla fermata degli autobus: serve quello che va alla stazione; anche a me serve, dovrebbe trattarsi del 53, da lì si dovrebbe prendere il 16 che porta all'aeroporto.

"Arvaro", bravissimo master 70 (cioè partecipa a gare che contemplano concorrenti che vanno dai 70 ai 75 anni), vedo che è piuttosto "cecato" come diciamo noi a Roma, cioè senza occhiali è più o meno come me che ne ho solo...66 di anni (sono infatti master 65), non vediamo molto da vicino. In due, con l'aiuto di un terzo riusciamo comunque ad evincere che di lì a certi orari passa il 53: sono salvo! Per l'indomani il programma è fatto: colazione leggera al buffet dell'albergo, riducendo il numero dei cornetti con la crema che il primo giorno di gare mi hanno un po' appesantito; immediato trasferimento in piscina, riscaldamento di una ventina di minuti nuotando soprattutto sul dorso; gara; e subito al 53. Occorre quindi acquistare il biglietto. Ma dove? In tabaccheria, mi dicono alcuni fattorini di un capolinea con svariati mezzi fermi da chissà quanto: "noi non li vendiamo, i biglietti! ". Provo allora a chiederlo ad una gentile esercente di casalinghi alla quale mi ero rivolto non trovando un'anima in questo desolato, rovente stradone in cui pochi alberi tentavano con scarsi risultati di creare una qualche zona ombreggiata: "Deve cercare una tabaccheria". Ah, sì: ce ne una proprio vicino al mio hotel, ora che ci penso. Ringrazio la cortese signora. Ci tengo molto ad essere in genere gentile non solo con le persone gentili, ma anche quelle che incontro quando vado in giro con la maglietta della mia società (Forum), dal momento che sarei facilmente identificabile e le porterei discredito per eventuali mie gaffe. Cerco quindi una tabaccheria, sta proprio dalle parti del "7 mari", non me ne ero accorto. Entro. E' affollata come non mai, a differenza dei pochi negozi di Bari che nel frattempo avevo già intravisto e che erano praticamente deserti. Ma qui un motivo c'è: fanno tutti la fila per giocare. a cosa giocano? Di preciso non lo so, io non gioco neanche a scopa; ma immagino al lotto, al totocalcio, al gratta e vinci, ai cavalli...alla pesca di beneficenza. Cioè in pratica a tutto ciò in cui si può giocare. Queste cose le sappiamo tutti: che il nostro sia uno stato biscazziere e che inciti i suoi "sudditi" a pagare una tassa ulteriore che mio padre "bonanima" definiva "sui fregnoni" (i giocatori in genere, non sia d'offesa per i baresi). Ma mai mi ero veramente reso conto quanto questo affidare i propri risparmi alla speranza di una vincita fosse un segno veramente evidente della crisi materiale e morale in cui vive non solo questa parte d'Italia ma l'intero Paese. Quello che mi colpisce è l'età degli scommettitori: spesso anziani, anche molto e la presenza di donne, presumo casalinghe più o meno disperate.

Faccio la mia brava fila, sono ormai di fronte a due, inutile dirlo, gentilissime giovani signore, che vedendomi forse in divisa da perfetto nuotatore con tanto di simboli nazionali (auto applicati), mi si rivolgono sfoggiando un sincero, cordiale sorriso. Faccio la mia richiesta: "Devo andare, domani, all'aeroporto per imbarcarmi alla volta di Roma-Fiumicino, per cui mi occorre un biglietto, mi hanno detto per il 53". "Sì"- mi risponde una delle due donne- "Il 53 porta alla stazione, lì può prendere il 16 che la porterà direttamente all'aeroporto". "A bene"-dico io- "E per il biglietto"? "Può acquistarlo direttamente sull'autobus...se ce l'hanno", risponde la seconda signora.

"Sarebbe a dire?"faccio io.

A quel punto, non curanti che la fila dei giocatori o semplicemente di chi doveva pagare il suo benedetto caffè, era aumentata, si introduce nella discussione che assumerà sempre di più un carattere Kafkiano (cioè surreale), un quarto individuo di cui non mi ero accorto e che stava seguendo evidentemente incuriosito non poco la mia richiesta, che a tutt'oggi mi pare riflettendoci a posteriore, legittima. "Ma scusa-mi fa il Tizio, che avrebbe potuto avere indifferentemente quaranta, cinquanta o sessant'anni, in perfetto barese (do direttamente la traduzione nella lingue madre): ma tu non sei siciliano?" Io, visto che mi aveva confuso probabilmente con Federico II o Giovanni Verga, accentuando il mio intercalare capitolino rispondo secco: "So' romano, io!". "No perché-fa lui- uno che conoscevo io, che era siciliano, aveva pure un accento toscano". Mi ero accorto che intorno al mio biglietto, che ancora non possedevo, stava nascendo un dibattito importante di stampo antropologico. "Ma comunque-fa ancora il quarto che era collocato un po' defilato alla mia destra -ma che pagate pure il biglietto voi a Roma"? "Ma veramente sì...forse c'è qualcuno che farà il furbo, io sono poi un atleta master(sic!) e non mi piacerebbe far fare una brutta figura alla mia società che contempla molti atleti importanti, né mi piacerebbe farla io nel caso fossi sorpreso da un controllore sprovvisto del tagliandino con una eventuale possibile denuncia"-sentenzio io. Segue una scrollata di spalle ed una espressione incredula del lessicologo. E mentre la fila aumentava dietro di me, si inserisce in quello che ho definito "dibattito" una signora anziana stile "arsenico e vecchi merletti". "Sa? una volta una mia amica fu sorpresa, tanto tempo fa, su di un autobus di linea senza biglietto: una figura!" Avevo decisamente un'alleata, forse sarei arrivato al mio sacrosanto diritto di pagare la mia corsa pubblica! Ma la prima signora della cassa (immaginate a questo punto la fila) insiste, devo prendere il 53 alla fermata della spiaggia di San Francesco che sta "lì" e fa un gesto con un braccio tentando di piegarlo a 180 gradi in senso contrario, ma riesce a piegare buffamente solo la mano; ma arguisco che debbo fare un curvone, là proprio dietro quei palazzi; ma resta inevasa la mia domanda se il 53 lo si può prendere appena uscito dalla piscina, o no, nel punto, tanto per intenderci, dove mi ero incontrato con "Arvaro". La situazione era sempre più surreale. Da tutto ciò avevo concluso che la gentilezza di tutti era così squisita che facevano del tutto per non farmi pagare il biglietto, ritenendo la cosa comunque superflua. A questo punto non mi restava che ringraziare e uscire da quella situazione che mi stava creando qualche disagio. Tentai una sortita, ma una delle signore alla cassa prova a sua volta un'ultima gentilezza: "Se poi non vuol prendere il 16 una volta arrivato alla stazione, prenda il pullman azzurro dell'Alitalia che la porterà direttamente all'aeroporto".

"Riacquistata" la libertà cercai di riordinare le idee: già che c'ero sarei andato a cercare questa fermata, è il caso di dire benedetta, dalle parti della spiaggia di San Francesco per vedere se mi fosse convenuta di più di quella davanti alla piscina. Nome ideale, quello della via dedicata al nostro patrono, per espiare i propri peccati, soprattutto quando fa 40 gradi all'ombra; ma sta di fatto che dovrò rimandare la mia ricerca e la mia penitenza in un altro periodo della mia vita: decido, cioè, di tornare indietro. Fa caldo, come ho detto, sono comunque ancora dalle parti dell'albergo, devo prendere una decisione ed è questa: o chiudermi in camera con l'aria condizionata a 20 gradi o assolutamente entrare in possesso di questo biglietto! Era diventata una questione di principio. Decido di entrare nella tabaccheria di nuovo, ma con circospezione. Ma mentre faccio macchina indietro incontro Giorgio (prossimo master 75), crogiolante di gioia per le sue medaglie d'oro, ha in mano ben due biglietti che ha appena utilizzato per andare a visitare Bari Vecchia. Mi conferma che i biglietti si possono fare direttamente sull'autobus...se ce l'hanno o in tabaccheria. Saluto, e sempre più deciso mi dirigo nel detto locale. Se non bastasse era diventato ancora più pieno, nuovi avventori cercavano la loro fortuna...al tavolo verde... e il governo ne doveva essere felice. Attendo che le due signore si allontanino dalla cassa, vengono sostituite da un uomo. Non c'è più la vecchietta stile "arsenico e vecchi merletti", neanche l'esperto dei dialetti italici. Faccio di nuovo, se possibile la mia fila e mi presento davanti alla cassa dichiarando in maniera perentoria: "Voglio un biglietto per l'autobus 53". Devo averlo detto in un modo forse troppo severo e non vorrei che l'uomo avesse interpretato in maniera diversa dalle mie reali intenzioni il mio tono, che non era di un impaziente cliente, ma solo di un aspirante, regolare viaggiatore delle linee urbane della città di Bari. "Quanto pago?, faccio. "Un euro" mi risponde sollecito. "Solo"? Faccio io di rimando. "Sì. signore, è il costo di tutti gli autobus". Lo ringrazio di cuore, esco: ho vinto la mia piccola battaglia, ma è stato difficile, più che vincere la medaglia d'argento sugli 800 s.l.

E siamo al giorno dopo. In gara incontro il grande Gianni Zaottini, primatista italiano sui 200 Dorso. Non ho speranza di vincere, ma se non ci sono sorprese e non faccio sbagli posso arrivare ad una seconda medaglia d'argento. Mi applico lo stringinaso per migliorare il galleggiamento trattenendo il respiro ogni paio di bracciate e ottenere virate più lunghe. Arrivo secondo dietro Gianni. Lo abbraccio, è il più bravo e un gran signore. Esco dalla vasca e salgo negli spogliatoi. Tento una doccia, ma ci sono quelle con le "piotte" (a monetine): le odio cordialmente e quindi m i rivesto. Ma devo aspettare che le gare finiscano e che venga redatto l'ordine d'arrivo complessivo finale per ritirare la mia sudatissima medaglia d'argento. Faccio quasi le tre del pomeriggio, dalle7 e quaranta che sono in piscina. Approfitto per pranzare a scatolette di carne e mais. Ammazzo il tempo criticando Monti con certi atleti, che ha detto di no alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020: poteva tentare una proposta più austera e distribuita nel Paese. Concordano, ma so purtroppo che non tutti sono d'accordo con me, in genere. Poi finalmente ritiro il mio alloro, saluto qualcuno e vado alla fermata.

Passa proprio in quel momento un 53, lo perdo, dovrò aspettare una mezzoretta ancora. Nel frattempo la fermata si popola di ragazzi di colore, probabilmente non occupati...a tempo pieno; malmessi, ma tutti attivi col telefono cellulare. Il mio, che mi ha regalato mia figlia per individuarmi nelle varie parti d'Italia e che si tiene insieme con lo scotch, è regolarmente spento e lo riaccenderò quando sarò arrivato a Fiumicino. Finalmente arriva il 53 e si riempie di varia umanità.

Il "viaggio" si conclude con grande mia soddisfazione. Mi attende una piazza piena di autobus, sicuramente ci sarà anche quello mio. Taluni con numeri, altri più anonimi: quale sarà quello giusto? Mi faccio un giretto, non trovo nessun 16.

Vedo in una guardiola il solito gruppo di fattorini che guardano in giro, parlottano, qualcuno, il più intellettuale, fa le parole crociate. Non mi resta che chiedere ad uno di loro. "Io dovrei andare all'aeroporto..."Deve prendere il 16", mi risponde immediatamente. "Dove posso fare il biglietto?" E mi indica la guardiola dove sta proprio il fattorino delle parole crociate. Ringrazio e mi dirigo senz'altro dal Tizio. "Un euro"; e mi consegna il tagliandino. Gli do una moneta da due e si rimette a fare...il suo lavoro. Non ho il coraggio di disturbarlo e poi forse la moneta che gli avevo dato era da un euro, perché il resto non arriva.

Ma ero contento, anche se quel viaggio mi sarebbe costato il doppio, a conti fatti. Non restava che individuare il fatidico 16 e sarei giunto all'aeroporto dove quattro ore di aria condizionata mi avrebbero atteso tra letture sugli UFO e Frate indovino, le mie attuali preferite.

Ma questo 16 non era presente, né avevo il coraggio di chiedere altre informazioni ai fattorini che si muovevano con moto lateral-circolare, cercando di fare meno fatica possibile dato il caldo che sembrava per dispetto di tutti aumentare.

A questo punto scorgo due ragazze straniere, bionde; decido che sono di area anglosassone e vado quindi a sfoderare il mio inglese fluente scolastico: "Please are you going to airport"? Mi rispondono forse in tedesco (o olandese), non credo che abbiano capito un cavolo di quello che ho chiesto, sicuramente io ho capito meno di quello che hanno risposto e finiscono per allontanarsi. Spero che non mi abbiano confuso con un "pappagallo" di strada: ci tengo a sembrare una persona seria, soprattutto quando indosso i colori della mia società master, l'ho già detto! Punteggio: zero a uno e palla al centro!

Non mi resta che guardarmi continuamente intorno nella speranza che appaia un autobus con quel numero che a questo punto sarebbe quanto meno da consigliare per la ruota secca di Bari agli avventori della precedente tabaccheria.

Ma non c'è altra soluzione è passata più di mezzora, devo chiedere ancora; e a chi, se non, a qualche altro fattorino, momentaneamente "libero" da impegni pressanti?

Scelgo opportunamente la mia "vittima", poi con un piglio deciso, ma cortese, faccio: "Ma il 16 ogni quanto passa e dove si ferma?" "Guardi –mi fa- passa in genere ogni 50 minuti, si dovrebbe fermare proprio qua davanti, se non lo vede faccia continuamente il giro della piazza" E ad una mia precisa richiesta aggiunge di stare tranquillo perché c'è chiaramente il numero e la scritta aeroporto.

Sono sollevato, non mi resta che farmi allora un giretto accompagnato dal mio borsone appesantito dai panni bagnati e da un litro d'acqua ormai a temperatura ambiente (40°).

Mi faccio un rapido conto: se il mezzo pubblico passa diciamo ogni oretta, ormai sono cinquanta minuti che faccio lo stupido qui intorno e quindi non dovrebbe mancarci poi tanto.

Cerco di ingannare il tempo guardandomi intorno e mi accorgo di gente anziana buttata sulle panchine nella loro apparente quiete simile ad inedia finale. Un muratore tenta, prendendola a martellate, di mettere in piano una soglia che fa da contorno ad una palma washintònea mezza andata: cerca di regolarla con una mazzetta colpendola a turno sulle estremità e poi traguardandola ad occhio, chissà perchè non utilizza la livella, distante soli...pochi metri.

Ma non perdiamoci in chiacchere che Lui arriva con un incedere trionfale tipo Aida di Verdi. E 'un autobus nuovo a metano, c'è scritto tutto, 16, aeroporto, non c'è possibilità di equivoco: miei pini secolari, miei saporiti pomodori, tra poco sarò da voi!

Salgo, e contemporaneamente scende l'autista..."Ma come sarebbe"?!Mi rimetto in stand by.

Dopo un po' sale una bella ragazza di colore, labbra carnose, capelli incredibilmente lisci e lunghi, sul metro e settanta, che potrà aver avuto intorno ai 25 anni; comunque molto appariscente e vestita in maniera eccentrica. Non riesco a valutare al principio il suo grado di verginità; comincia poi a smaneggiare il telefonino, grande protagonista anche da queste parti. Dopo una decina di minuti (l'autobus è ancora privo di autista e quindi non può partire), il mezzo pubblico si riempie di uomini piuttosto giovani di colore, vanno direttamente, a colpo sicuro, dalla ragazza che sembrano conoscere molto bene; dopo un certo numero di un parlottamento incomprensibile per me, scendono tutti. Chissà se quello che ho pensato io lo pensate anche voi!

E siamo alla partenza! O meglio alla risalita dell'autista che prende decisamente possesso del mezzo. Scrive qualcosa su di un tabulato...poi scrive qualcos'altro su un altro tabulato; poi prende una sorta di giornaletto..."O, no! Speriamo che non si metta anche questo a fare le parole crociate!" Ma infine, uomini di poca fede! Il mezzo accende i motori, ma ...per scaldarli (con questo caldo!). Salgono gli ultimi passeggeri. Una signora anziana e magrolina prende posto vicino al finestrino al centro dell'autobus (io sto appena dietro). Sale quindi un gran bel ragazzo di colore, fisico da decatleta, tra l'uno e 85 e l'uno e novanta. E' vestito sportivamente in maniera assai decorosa. Emana un profumo assai gradevole, si siede vicino alla signora anziana, lo fa con un piglio deciso ma cortese. A questo punto la prima lancia quasi un urlo, manifestando soprattutto una istintiva repulsione. Il ragazzo (avrà avuto meno di trent'anni) si alza anche lui insieme alla donna anziana che si va a collocare da un'altra parte accampando come giustificazione: "Mi ha fatto male!" toccandosi il braccio destro; ma giuro, non era vero. Invito l'uomo a sedersi accanto a me; lo fa di buon grado. Spero che con questo mio gesto egli abbia tratto la conclusione più giusta sul nostro popolo.

Massimo Mannocci, tratto da vita da Master 2012

Cerca con Google

Login Form

Scarica la app di Ostiasport.it

Chi è online

Abbiamo 156 visitatori e nessun utente online

JoomBall - Cookies