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Parlerò quindi del doping nello sport, finalmente. Questo tema mi urgeva da molto, ma non potevo accennarlo senza le necessarie premesse. Ma quali sono state queste premesse? Voi direte. Ma andiamo per ordine.


Ho parlato come è nato il triathlon, per una scommessa tra sportivi praticanti diverse discipline; ho tracciato poi un breve profilo storico-etimologico dello sport moderno; ho mostrato come del doppio filone, sport passatempo, ricreazione, impegno motorio, scelta di vita, ecc. da una parte; e sport come professione vera e propria dall’altra, all’origine vi era l’assoluta prevalenza del primo. Se le cose stanno così, perchè si è sviluppato il concetto di doping nello sport? Perchè ci si dopa?

E’ evidente che il gentlemen inglese,che va col suo cavallo e con i suoi cani a caccia senza la necessità di doversi nutrire delle prede che infilza sul suo carniere, non avrebbe nessuna necessità di concepire una cultura del doping in quanto la sua attività motoria, il suo sport, è fine a se stesso e non ha nessuna urgenza esistenziale. Ma quando lo sportivo moderno (professionista) è costretto a fare a tutti i costi “risultato”, sollecitato dagli sponsors e da tifosi sempre esasperati per una cattiva educazione alla competizione sportiva (che evidentemente si acquisisce in tenera età) a realizzare sempre ed ad ogni costo la vittoria, allora sì che si sviluppa una vera e propria cultura del doping. La scienza, la ricerca, si mettono al servizio del risultato tecnico per reclamizzare in maniera clamorosa un prodotto passando magari sul cadavere dell’atleta: un giovane atleta può, in taluni casi diventare, da mediocre, un buon campione, grazie ad un uso massiccio di farmaci e trattamenti medici sperimentali che talvolta hanno causato a medio o lungo termine delle vere e proprie tragedie. Vi sono stati numerosi casi. Voglio anche dire che io non sono così drasticamente contro il professionismo sportivo, pur restando per mia formazione e mentalità un dilettante inguaribile. Infatti molti giovani, pensiamo ai calciatori, hanno potuto realizzare il sogno di un benessere e di gloria che altrimenti non avrebbero facilmente raggiunto in altro modo. Ma si può anche dire il contrario: quanti fra loro, fallendo, sono rimasti a vivere in una società difficile come la nostra, senza nè arte nè parte? E, cari atleti giovani che vi gettate i libri alle spalle con troppa fretta, rispondete alla domanda: quanti Totti ci sono? Quanti Zidane. D’accordo, ci sono anche i Panucci e gli Zambrotta, guadagnano abbastanza anche loro; ma i tesserati della FIGC credo siano ben 3.500.000 a fronte di pochi professionisti! E poi. Non è col doping-non solo-che comunque si può divenire campioni. I sacrifici ci sono sempre da fare. Bisogna lavorare anche lì; e girare, girare, in cerca delle occasioni che potrebbero tardare a venire. Non tutti hanno avuto la fortuna-o il talento-di giocare nella squadra importante della propria città. Ma non voglio impedire i sogni, credetemi, solo mettervi in guardia contro un eccessivo e disinvolto atteggiamento verso la vita che dovrete vivere in questa nostra società Occidentale che ci dà tanto, tantissimo, ma che sa essere anche spietata contro chi sbaglia o fallisce, ance se in buona fede o per sfortuna.

Per cui il nostro motto è e sarà sempre: IO NON RISCHIO LA SALUTE. NO AL DOPING IN TUTTE LE SUE FORME. Quindi anche: no al risultato a tutti i costi. No alla strumentalizzazione del corpo a fini industriali, perchè è una grave forma di sfruttamento;e che ci porta a negare la nostra stessa libertà e intelligenza. Vorrei fare un esempio sconcertante. Qualche tempo fa , la solita inchiesta di una università americana aveva posto un questionario a degli atleti. Tra le altre cose veniva posto un quesito di questo tenore (cito a mente): se voi foste sicuri di diventare campioni del mondo (con i relativi vantaggi economici e di prestigio) nella vostra specialità sportiva anche grazie al doping per essere poi sicuri entro pochissimi anni di morire a causa del trattamento necessario per il vostro successo, lo accettereste? La risposta, quasi unanime (tra l’80 e il 90 per cento), è stata : sì. E’ evidente che in una società così competitiva come quella americana l’idea di sport del gentlemen, di Arnold o di De Coubertin, sembrerebbe tramontata o mai esistita: basta vedere come si concepisca il pugilato, basato spesso sullo spettacolarismo del K.O., piuttosto che sulla scherma della Nobile Arte. A volte sembra che il footing, in Usa, sia solo appannaggio di Clinton o Bush, che lo praticano per fini elettorali. E che la maratona di New York sia o un fotomontaggio o praticata da soli italiani in gita turistico-sportiva. Vedete, per concludere; se il calcio ha fatto il suo “bottarello” e minaccia addirittura una deflagrazione, è perchè ha seminato incultura sportiva dando da intendere ai giovani e al popolo che fosse l’unica cosa importante, addirittura, non solo tra gli altri sport, ma nella vita stessa (panem et circenses ?) dei cittadini.

Il doping quindi è, secondo me, collegato al modo con cui si concepisce lo sport. Uno sportivo che fa sport per passione o per tutti quei motivi che positivamente ho evidenziato, non si drogherà mai perchè non ne ha nessun interesse finale del tipo esposto.

Altra cosa sono l’uso di quei prodotti che permettono il reintegro delle sostanze perdute per esempio con il sudore; ovveroil potassio, il magnesio, ecc. Anche gli integratori possono essere utili; anzi lo sono senz’altro. Il triathleta e tutti coloro che praticando sport di fondo e di usura hanno bisogno di equilibrare la loro dieta. Ma per questo ci sono i medici sportivi seri che li possono seguire e consigliare: non è auspicabile il “fai da te”. Bisogna comunque stare attenti allo spirito con cui si prendono anche i prodotti consentiti o addirittura consigliati; in quanto non è che devono servire per andare più forte (questo poi non è vero); ma servono per aiutare l’organismo, per esempio, a neutralizzare le tossine prodotte durante la gara o gli allenamenti specie se questi sono lunghi e pesanti. Allora sì! Non è affatto opportuno magari allenarsi con il mal di gambe, con una eccessiva spossatezza, ecc. Dobbiamo altresì, come dicevo, cercare un giusto equilibrio tra il consumo idrosalino, dieta, impegno fisico nell’allenamento, riposo, alimentazione, ecc.

 

Non so se sono stato convincente miei (giovani) amici. Fatemi sapere, tramite Ostiasport, cosa ne pensate. Alla prossima.

 

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